In questi giorni sembra che tutti i candidati sindaci “mainstream” si siano improvvisamente svegliati dopo un lungo torpore. Ma non solo. Anche l’attuale amministrazione comunale, di fatto ben piantata sugli scranni del potere da dieci anni a questa parte, pare essersi accorta — forse per il magico influsso della campagna elettorale e delle relative promesse da distribuire ai cittadini? — dei problemi della città e del silenzio che da troppo tempo li occulta.
Stiamo parlando dell’ultima moda in voga: sfruttare la Banca Popolare di Vicenza e le sue malefatte come grimaldello per l’ennesima televendita politica.
Peccato che Potere al Popolo (i cui numerosi pronunciamenti in materia vengono in quest’ultimo periodo, guarda caso, misteriosamente taciuti, nonostante i molti servizi giornalistici e televisivi registrati) si sia espressa in materia già all’inizio della sua campagna per la città, con una conferenza stampa che anche da un punto di vista simbolico veniva effettuata esattamente davanti alla ex sede di quello che lo stesso candidato sindaco definì “monumento alla finanza corrotta”, con tutte le derivate del caso.
Oggi sembra che il motto e l’impegno di Potere al Popolo, ossia la sua pressione per costituire il Comune come parte civile in rappresentanza e difesa dei cittadini traditi siano diventate parte integrante del programma (dell’ultim’ora) di gente che non solo, appunto, si è svegliata solo adesso, ma che in tutti questi anni ha permesso a Zonin e alla sua cricca di devastare il tessuto economico della città in modo del tutto indisturbato.
La considerazione è banale. Da che pulpito arriva questa tardiva predica?
Di chi si fiderà di più la gente? Di coloro che hanno pasteggiato assieme ai poteri forti, devastando e sbranando la città per venderla al miglior offerente, oppure di chi, dal basso, intende sanare gli abusi e rovesciare l’asse della sovranità?
Aggiornamenti del 04-05/06/2018: