di Gianni Sartori
Nel Bakur (territori curdi sotto amministrazione-occupazione turca) il partito di Erdogan (AKP) continua a saccheggiare e sfruttare le risorse naturali (petrolio, minerali…) di questa regione curda. Anzi, le operazioni di estrazione negli ultimi mesi hanno subito una significativa accelerazione.
In passato il Kurdistan – grazie anche alle sue abbondanti risorse naturali (acqua, terreni fertili, minerali…) – ha consentito a numerose comunità e civiltà di autodeterminarsi, garantendo sia ai curdi che ad altri popoli presenti nella regione i mezzi per svilupparsi autonomamente.
Oggi – sotto forma di un “colonialismo interno” da manuale – i minerali estratti nel Kurdistan, una delle terre più ricche al mondo di risorse naturali (disgraziatamente per i curdi, verrebbe da dire), vengono raffinati e lavorati all’ovest, nella Turchia propriamente detta. In particolare, da anni il petrolio estratto in Kurdistan viene dirottato verso la Turchia.
Come è – relativamente – noto la quasi totalità del petrolio “turco” proviene dalle regioni curde (da Batman, Adiyaman, Amed, Sirnak- Silopi, Siirt, Urfa, Mardin-Nusaybin…) dove sono presenti anche grandi riserve di rame, cromo, piombo, argento, carbone, lignite…
Tutto questo ben di dio viene estratto per venir trasportato nell’ovest, in Turchia per essere poi venduto (previa raffinazione e lavorazione) all’estero. Senza che alla popolazione curda ne derivi alcun beneficio.
Il petrolio, in particolare, viene sistematicamente incanalato – “dirottato” – grazie agli oleodotti verso le raffinerie turche di Izmir-Aliaga, Kocaeli, Iprash, Kirikkale e altre dell’Anatolia centrale e di Hatay, Dortyol…
E’ ormai più di un secolo che lo stato turco estrae petrolio dai giacimenti curdi e recentemente – come ho detto – questo sfruttamento ha subito un’impennata, un’accelerazione, con nuove campagne di esplorazione (promosse dall’AKP, per esempio a Hakkari-Van, ma anche a Çukurca, Şemdinli, Bitlis) per individuare e scavare nuovi pozzi.
Dietro tutto questo, la Turkish Petroleum Corporation (TPAO) che poco tempo fa – in maggio – ha realizzato un altro campo di estrazione petrolifere nel distretto di Çukurca(Hakkari). Berat Albayrak – ex ministro dell’Energia e delle Risorse naturali – aveva già annunciato lo scavo dei primi pozzi in profondità “nella regione di Semdinli e a Cizre e Van a Siirt, nel nord”.
Significativo – per quanto scontato – ciò che hanno dichiarato alcuni abitanti – curdi – delle regioni interessate dallo sfruttamento intensivo delle risorse da parte di Ankara:
“Noi non vogliamo che lo Stato turco estragga le nostre risorse. Vogliamo essere noi a utilizzarle”.
Soltanto puro, legittimo buonsenso direi.
Qualcuno lo vada a spiegare a Erdogan, per favore