(di Gianni Sartori)
Mentre a Roma una responsabile delle YPG (le milizie di autodifesa popolare del Nord della Siria) è ricevuta dai parlamentari, un’altra militante curda viene estradata in Turchia (dove rischia non solo una lunga carcerazione, ma anche maltrattamenti e torture) dalla Norvegia.
Mercoledì 4 luglio (disumanamente ammanettata mani e piedi nonostante le sue gravi condizioni di salute) la femminista curda Gulizar Tasdemir è stata consegnata ai carcerieri.
Che valutazione dare di tale decisione? Definirla una vergogna è soltanto un pietoso eufemismo.
Impegnata da anni in difesa dei diritti umani e del popolo curdo, nel 2015 Gulizar era fuggita in Norvegia cercando protezione ai sensi della Convenzione di Ginevra. Nonostante la lunga militanza la esponga, in caso di arresto, al pericolo di tortura, la sua richiesta veniva rifiutata. Aveva quindi presentato richiesta di asilo in Germania, ma in base all’accordo Dublino-II le autorità tedesche l’aveano rispedita in Norvegia da dove mercoledì è stata estradata in Turchia. Vien da chiedersi se anche la civilissima Norvegia si stia ormai allineando a quei Paesi che non agiscono più in base agli accordi internazionali sui Rifugiati alla cui stesura avevano anche partecipato, comunque sottoscrivendoli.
Infatti la Norvegia è uno degli Stati che avevano firmato la Convenzione di Ginevra sui Rifugiati.
Dalla Germania si è immediatamente levata la protesta del CENI – Ufficio delle Donne Curde per la Pace in quanto “non può né sopportare né accettare questo trattamento con il quale la Norvegia consegna alla Turchia un’attivista politica, sapendo bene che questa estradizione per via delle sue attività politiche per lei significa lunghi anni di torture e di carcerazione”. Accusando la Norvegia in quanto “responsabile delle gravi conseguenze del fatto che Gulizar Taşdemir venga estrada in un Paese in cui la giustizia indipendente è stata rimossa e la tortura è all’ordine del giorno”.
In un comunicato hanno chiesto “alle istituzioni, in particolare al CPT, alla Corte di Giustizia Europea per i Diritti Umani, al Parlamento Europeo, di prendere atto di questa estradizione e di avviare i passi necessari per accertare che l’attivista curda venga trattata come prigioniera politica e i sui diritti fondamentali vengano difesi”.
A tutte le donne, alle femministe e alle attiviste per i diritti umani chiedono invece di “denunciare questo eclatante disprezzo dei diritti umani di un’attivista, la cui intera vita è stata una lotta per una vita migliore.